Maschile e Femminile

Spesso si tende a credere che il maschile e il femminile siano caratteristiche determinate dalla natura. Ma è possibile sfatare questa credenza se ci si ferma ad osservare come in molti di noi ci sia una mescolanza di tratti maschili e femminili o una predominanza di un tratto sull’altro indipendentemente dal sesso biologico.  

Per la psicoanalisi l’anatomia non è un destino del soggetto. Non è l’anatomia che definisce l’essere uomo o l’essere donna, ma un lungo processo di soggettivazione del proprio bagaglio anatomico, del corpo che si abita, di costruzioni complesse e di ciò che avviene nell’inconscio del soggetto. Non esiste un “essere un uomo” o un “essere una donna”, “ci si crede” uomini o donne, dirà provocatoriamente lo psicoanalista J. Lacan.

L’identità di genere non è un dato di natura, ma il frutto di articolazioni complesse. Non è automatico che una donna presenti in maniera assoluta i tratti tipici del femminile e che un uomo incarni unicamente il maschile. Oltre alle dinamiche identificatorie e dell’assunzione soggettiva del proprio sesso, che affondano le loro radici nell’infanzia e che si articolano nel corso dello sviluppo del soggetto, ciò che fa da discriminante tra la posizione maschile e la posizione femminile è il godimento, ovvero il modo singolare in cui in quel soggetto si articola la pulsione.

Nella sessuazione maschile troviamo un godimento che la psicoanalisi definisce “fallico”, che si orienta su un principio di proprietà, di conquista e di potere. Si basa anche sul primato dell’identità soggettiva, per questo gli uomini hanno sempre una maggiore dimestichezza delle donne rispetto alla solidità della propria identità, mentre nelle donne, così come si esprimeva J.Lacan, c’è sempre un qualcosa di un pò smarrito.

Sin da quando il bambino è messo di fronte allo specchio infatti, la presenza del fallo gli conferisce una sorta di presenza, di riconoscimento, di potere, lo situa sul registro dell’avere. E’ questo che può assicurare all’uomo una certa stabilità, un certo orientamento determinato.

Il godimento fallico non è assente nelle donne, lo vediamo quando la donna lavora, quando gestisce le sue relazioni sociali, ma anche quando diventa madre e quindi è a tutti gli effetti nel registro dell’avere. Questo oggi è molto evidente, dove le donne si realizzano nella sfera professionale rivestendo posizioni di potere che un tempo erano riservate esclusivamente agli uomini. La differenza è che se questo conferisce all’uomo una sorta di conferma della propria identità, i riconoscimenti, il potere, il successo, generalmente tendono a far sentire un uomo confermato nel suo essere uomo, lo stesso non vale per la donna, questi riconoscimenti non le servono per sentirsi più donna. 

Dunque nel femminile c’è il campo del fallico che è il campo dell’avere, come accade nella maternità e c’è il lato donna che è caratterizzato dall’essere, segnato da una certa estraneità ed alterità. 

Il godimento femminile è emancipato dall’ossessione dell’accumulazione e dell’appropriazione. In psicoanalisi lo chiamiamo Altro godimento, si tratta di un godimento non circoscritto, che non ha confini, anarchico, che proprio per il dissolversi del limite simbolico che il fallo impone al godimento, tende a provocare smarrimento, solitudine, una certa fragilità rispetto alla propria immagine. 

Per questo per certi versi in alcuni sintomi come depressione, anoressia, attacchi di panico nelle donne è possibile vedere le derive e i deragliamenti di questa assenza di limite dell’Altro godimento. 

Il maschile e il femminile, non sono una prerogativa dell’uno o dell’altro sesso, ci sono donne caratterizzate da una modalità di godimento fallico molto più di un uomo e viceversa e il fatto di collocarsi da un lato o dall’altro determinerà posizioni sessuali che funzionano in modo diverso rispetto al desiderio e all’amore. Non di rado si incontrano donne con una modalità di godimento maschile: competitività, culto della performance, possesso, e uomini che si rapportano all’altro incarnando alla maniera femminile l’essere il fallo, preferendo farsi desiderare, ammirare, mancare all’altro.

Si tratta di articolazioni soggettive che possono portare il soggetto a rivolgersi ad un’analista di fronte ad un senso di smarrimento rispetto alla propria identità, di insoddisfazione, a delle impasse nel proprio desiderio.

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